venerdì 20 dicembre 2013

Globalizzazione e Sociale, la soluzione di un problema!

Il XIX secolo viene ricordato dalla storia come il secolo dell'industrializzazione e della nascita degli stati nazionali, il XX secolo viene ricordato come il secolo delle rivoluzioni scientifiche e dell'informatizzazione, il XXI secolo come verrà ricordato dalle generazioni future?

Sicuramente uno dei grandi fenomeni che hanno caratterizzato gli inizi del nuovo millennio è il fenomeno della globalizzazione. Questo termine inizialmente usato in ambito economico, oggi esteso anche alla sfera culturale, sociale e politica, identifica quel particolare processo di integrazione su scala globale delle relazioni di ogni genere. Spesso questo termine viene usato con un accezione negativa, racchiudendo sotto la definizione di globalizzazione, tutte le problematiche scaturite dall'avanzare (sempre maggiore) di questo fenomeno.
Altro grande fenomeno che spero venga ricordato dai posteri, è la crescente evoluzione della società verso una (scusate lo sciogli lingua) società sociale, cioè verso quel modello di sviluppo (che nel campo economico viene identificato con il termine Economia sociale) dove al centro non viene più posta la persona nella sua individualità, ma la persona nella sua socialità, ponendo quindi l'attenzione non solo sui bisogni privati delle persone, ma sui bisogni delle persone inserite in un contesto sociale ben preciso. I segni di un evoluzione della società verso tale nuovo modello, sono molti e molto vicini alla realtà di tutti i giorni, lo stesso blog che state leggendo è un sintomo di tale evoluzione.
Questi due fenomeni tra loro apparentemente sconnessi sono in realtà due facce della stessa medaglia, nate entrambe da una delle più grandi rivoluzioni tecniche della storia, la crescente informatizzazione delle società.
Come detto il fenomeno della globalizzazione ha comportato enormi sconvolgimenti nelle singole realtà nazionali, sconvolgimenti positivi ma anche conseguenza in apparenza negative, tra gli effetti positivi si possono menzionare il crescente miglioramento delle condizioni di vita di una larga fetta di persone, soprattutto nei paesi del terzo mondo (e solo per questo ne è valsa la pena, troppo spesso ci soffermiamo sui nostri piccoli problemi senza pensare che se fossimo nati dall'altra parte del mondo i nostri problemi sarebbero ben altri!), l'aumento del PIL mondiale, la diffusione della conoscenza e quindi l'arricchimento culturale conseguente e molti altri; ma accanto a questi vantaggi, molte conseguenze negative sono uscite fuori con l'avanzare della globalizzazione, problematiche di per se non direttamente connesse alla globalizzazione, ma alla sbagliata gestione del fenomeno attuata dai singoli stati (e noi in Italia ne sappiamo qualcosa!), tra i principali problemi si possono menzionare la perdita di concorrenza di alcune realtà occidentali (con tutte le conseguenze derivanti) e la cosi detta glocalizzazione delle imprese nei paesi con minor costi di produzione, limitiamoci a questi due problemi sia per la loro centralità sia perchè scopo della nostra analisi è quello di offrire un'unica soluzione a tale problematica.
Dietro a questi due problemi di fatto tutti sanno che la spiegazione è la medesima, sia per la perdita di competitività, sia per il trasferimento all'estero delle imprese, vi è una motivazione banale ma fondamentale in qualsiasi economia, i bassi costi garantiti in molti paesi. Anche il motivo per cui molti paesi oggi non più "sottosviluppati" riescono ad offrire costi cosi bassi, non è un segreto, in questi paesi (sotto questo aspetto ancora lontani dall'essere sviluppati) il livello di sviluppo e protezione sociale garantiti dallo stato sono di molto inferiori da quelli garantiti in occidente, in Cina i lavoratori non solo vengono pagati poco, ma non godono di nessun beneficio garantito in Italia, non hanno un limite di orario, non hanno la malattia o permessi di lavoro, in breve è come se la Cina fosse come l'Italia di inizi novecento.
Ora se questi paesi riescono a sfruttare questa situazione creandone un vantaggio competitivo, cosa dovrebbe fare l'occidente per competere in questo nuovo mercato globale. Vi sono due strade possibili da percorrere, la prima è che l'occidente scenda ai livelli di questi paesi, cedendo piano piano i propri privilegi, acquisiti in anni e anni di battaglie sociali (e ahimè sembra la strada percorsa dall'Italia!), la seconda invece è quella di far progredire tali paesi al nostro livello, soluzione quest'ultima auspicabile non solo per l'occidente, ma per il mondo intero.
La vera questione, è con quale soluzione l'occidente può indirizzare il mondo verso questa seconda strada?
Sicuramente non si può imporre con la forza ai paesi lo sviluppo sociale, ne si possono adottare soluzioni protezionistiche, bloccando così il fenomeno della globalizzazione stessa, come tanti politici irresponsabili vogliono farci credere, a meno che non vogliamo tutti una terza guerra mondiale (se si blocca lo sviluppo di un potenza economica mondiale, l'unica risposta che ci si può aspettare sono le armi, vedi la Germania nella prima guerra mondiale), qual'è invece la soluzione percorribile.
La soluzione è proprio all'interno dell'altro grande fenomeno che si sta sviluppando, la soluzione si trova in quella che Zamagni chiama Economia Civile e nello specifico nella Responsabilità Sociale d'impresa.
Vi chiederete come il sociale può fermare la caduta di competitività che sperimenta la società occidentale, può riuscirci solo se i governi occidentali, e nel nostro caso l'Europa, decidono di approvare una legge che imponga obblighi di certificazione sociale (il cosi detto Audit Sociale), accompagnato da maggiori controlli e vincoli sulla qualità non solo dei prodotti, ma anche delle imprese che li producono e infine con la predisposizione di un canale privilegiato per tutte quelle aziende che rispettino adeguati standard sociali (ad esempio le detassazioni), penalizzando invece quelle che non li rispettino.
Paradossalmente si avrebbe da una parte la valorizzazione di quelli aspetti delle nostre imprese considerati oggi fonte di svantaggio competitivo, e dall'altra parte una rincorsa verso l'alto da parte delle economie di quei paesi che ieri definivamo sottosviluppati, oggi emergenti e domani...

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